15 giu Famiglie e Covid-19: crisi e collaborazione

 

 

boy-1300136_1280

In questo periodo di emergenza, con le normative e restrizioni annesse, notevoli sono le ripercussioni  stanno avendo sul sistema famiglia. E, se alle difficoltà del periodo si aggiungono anche le difficoltà in essere di una coppia separata con prole a carico, lo scenario si fa più complesso. Emerge così l’importanza di adottare strategie volte alla collaborazione per fronteggiare eventuali conflitti pregressi o che possono nascere.

Alcune delle prime categorie di persone coinvolte in tali limitazioni e cambiamenti sono state quelle dei bambini e degli adolescenti. Con la chiusura di tutte le scuole, dagli asili nido alle università, si sono ritrovati improvvisamente privati del luogo, delle persone e delle attività che fino al giorno prima frequentavano e svolgevano per buona parte della giornata.Immediatamente sono arrivate anche le prime difficoltà per le famiglie, che non avevano più ambienti sicuri e figure di riferimento fidate cui affidare i propri figli: a questo punto i più fortunati hanno potuto affidarsi a nonni e altri parenti disponibili a “sorvegliare” i minori, mentre altri hanno dovuto ingegnarsi in tutta fretta a trovare tate e babysitter oppure hanno dovuto organizzarsi per poter avere permessi lavorativi, ferie anticipate o per lavorare da casa.

Parallelamente alla chiusura delle scuole sono state vietate anche le attività sportive e ricreative di gruppo, togliendo perciò a bambini e ragazzi anche la possibilità di sfogare le loro energie psicofisiche attraverso il movimento e la relazione con i coetanei in contesti informali.Gran parte della gestione del tempo dei figli, che prima era affidata a gruppi strutturati gestiti da altri adulti, è così passata nelle mani dei genitori, che hanno dovuto iniziare ad ingegnarsi per tenerli occupati, aiutarli con i compiti e capire come gestire al meglio la situazione, coniugandola anche con il loro lavoro e le altre incombenze famigliari.

Inizialmente bambini e adolescenti possono aver reagito bene al fatto di non avere più impegni e obblighi scolastici ed extra-scolastici, potendo riposare di più, passare più tempo con i famigliari ed essere sollevati da obblighi e responsabilità. Presto però sono subentrate anche le difficoltà della didattica online, del dover condividere tutto il tempo, lo spazio e i dispositivi elettronici di apprendimento con i fratelli e, dopo la chiusura di aziende e uffici, anche con i genitori.

Hanno così iniziato a svilupparsi emozioni di spaesamento e astrazione dal contesto in cui erano inseriti, sensazioni di insicurezza e a volte anche ansia, paura, senso di abbandono e noia. I minori costretti alla compressione negli spazi casalinghi possono reagire a queste sensazioni in due modi opposti, ma che denotano in ugual modo la loro sofferenza per il cambiamento di abitudini e l’isolamento sociale: possono essere incontenibili, aggressivi, agitati oppure al contrario abbandonarsi all’apatia, alla chiusura depressiva.

I bambini più piccoli, che usano il corpo per esplorare, conoscere ed esprimere le loro emozioni compresi la sofferenza, l’ansia o la rabbia,  mostrano iperattività e maggiore dipendenza dalle figure di riferimento, attraverso la richiesta continua di attenzioni e di aiuto anche in attività che prima svolgevano tranquillamente in autonomia. Oppure diventano insolitamente tranquilli e silenziosi, ritirandosi in loro stessi, dando meno fastidio possibile, essendo più obbedienti e accondiscendenti del solito. Il modo in cui i bambini si comportano e che rispecchia il loro grado di serenità dipende, oltre che dal loro carattere, anche dalla loro capacità di cogliere i segnali emotivi dagli adulti di riferimento: se i genitori sono preoccupati e ansiosi, anche i figli saranno più agitati, mentre se i genitori riescono a trasmettere sicurezza e protezione, anche i figli saranno tranquilli.

Gli adolescenti, invece, sono in una fase di trasformazione psico-fisica in cui già normalmente possono essere imprevedibili nei loro comportamenti e reazioni. L’aggravante dell’isolamento li rende da un lato più insofferenti, aggressivi e irascibili nei confronti dei genitori che hanno grande difficoltà nella loro gestione non potendo contare sull’aiuto concreto di altre figure educative e di supporto. Dall’altro lato i ragazzi si ritirano nelle loro camere coi loro dispositivi elettronici, che sono in questo momento l’unico mezzo di contatto che possono avere con il mondo esterno, con i loro coetanei, in cui ritrovano un po’ di comprensione e condivisione di emozioni ed esperienze, che non riescono  ad avere con i loro genitori.

Queste difficoltà pratiche e psico-emotive sono maggiormente percepite e subite nelle famiglie in cui la coppia genitoriale è separata o in fase di separazione e conflittuale.Il clima emotivo in queste case era già teso, ma la situazione di convivenza o separazione forzate incrementa, sia tra gli adulti che tra genitori e figli, sentimenti di gelosia e invidia, rabbia e incapacità, abbandono, solitudine e tristezza. Queste emozioni si esprimono in litigi, accuse, divieti e ripicche , con la conseguenza rischiosa che i minori ne siano il bersaglio o siano lasciati soli a gestire il loro malessere.

Nelle coppie separate, soprattutto se conflittuali, la maggiore difficoltà causata dalle normative di distanziamento sociale è la frequentazione da parte dei minori di entrambi i genitori, in particolare quello non convivente, spesso il padre. L’impatto sui bambini, nel caso in cui non potessero per settimane avere contatti con uno dei due genitori, potrebbe essere quello dello sviluppo di sensi di colpa (pensano di essere loro stessi la causa della separazione dal genitore), di rabbia verso il genitore convivente (pensano che sia lui o lei la causa della separazione dall’altro genitore) oppure di abbandono (pensano che il genitore non voglia loro più bene). La reazione degli adolescenti invece potrebbe essere quella di maggiore contrasto nei confronti del genitore con cui vive e contemporaneamente idealizzazione di quello non presente, oppure viceversa.

Nelle coppie che erano in fase di separazione prima del distanziamento sociale la maggiore difficoltà è proprio nel mantenere un clima di pace pur in una convivenza forzata. In questo caso i due adulti si trovano imprigionati in una casa nella quale non vorrebbero più stare, con una relazione che era ormai finita o agli sgoccioli, ma che devono sopportare per il benessere psico-fisico dei minori, anch’essi costretti in casa con loro. I figli di queste coppie sono immersi in un clima emotivo instabile, in cui una parola sbagliata, un tono di voce male interpretato, un comportamento frainteso, potrebbero far esplodere un conflitto tacito. A causa di questo clima negli adolescenti possono nascere sentimenti di sconforto e incertezza per il loro futuro e quello della famiglia, sentimenti di svalutazione e bassa autostima, in quanto non riescono a capire quali comportamenti sano giusti e quali sbagliati e di conseguenza si sentono incapaci. Nei bambini possono insorgere comportamenti regressivi rispetto all’età, paure abbandoniche e ansie riguardanti il meritarsi o meno l’amore dei genitori e l’essere o meno una brava persona.

Malgrado non ci sia alcuna legge che neghi il dritto alla bigenitorialità e non ci sia alcun divieto di spostamento dei minori da una abitazione all’altra, nei casi di non convivenza non sono mancate le occasioni di impedimento e di conflitto tra i due genitori sulla possibilità di vedere il proprio figlio. Il riferimento va a quelle famiglie in cui l’indice del conflitto era già elevato prima di questo periodo e in cui ogni scusa era utilizzata per impedire al figlio di frequentare l’altro genitore. In molte di queste famiglie, i conflitti sono aumentati ancora di più e lo stato attuale di emergenza sanitaria viene utilizzata come scusa per eccellenza dagli ex-coniugi a discapito dei figli.

Il rischio è utilizzare questo momento drammatico e delicato per tutti come arma contro il genitore non convivente per negargli il diritto di vedere il proprio figlio. Questo non significa che bisogna essere superficiali o, al contrario, troppo rigidi nelle scelte poiché la salute dei propri figli va sempre e comunque salvaguardata non esponendoli a rischio di contagio. Ad esempio, nel caso di due genitori che abitano a grande distanza fra loro o nel caso di famiglie allargate, bisogna porre attenzione ad alcunii rischi, come la possibilità che il genitore viaggia con mezzi di trasporto pubblici piuttosto che con la propria auto, o assicurarsi del proprio stato di salute e di quello degli altri membri della famiglia in caso di famiglia allargata.Però, pur salvaguardando la salute dei propri figli, diventa importante fare la scelta più giusta dando la priorità ai minori, mettendo da parte tutto il resto e ogni scelta puramente egoistica.

L’emergenza che stiamo vivendo deve essere piuttosto l’occasione per essere più disponibili,  flessibili ed elastici.

Per vivere meglio questa condizione dobbiamo essere tutti più collaborativi. È facendo appello al buon senso che si può gestire al meglio una situazione così difficile. Per esempio, se un genitore sa di fare un lavoro che lo espone a rischi o vive con persone potenzialmente esposte al rischio di contagio, sarà lui stesso a valutare e decidere se è il caso di continuare o meno a frequentare il proprio figlio.

È importante non strumentalizzare questo periodo difficile poiché si tratta di scelte che ricadono di riflesso sull’emotività dei figli. È importante non privare ulteriormente, non togliere dove è già stato tolto. Bambini e adolescenti che non possono andare al scuola, non vedono i nonni, non possono giocare al parco con gli amichetti, non possono frequentare le consuete attività ludico-sportive.

È chiaro che, se a questa privazione, togliamo anche uno dei due genitori, al figlio viene sottratta ogni sua certezza e sicurezza. I minori si ritroverebbero improvvisamente smarriti, isolati e spaesati.

In questo scenario, alla luce di tutte queste dinamiche, è importante venirsi in contro ad esempio attraverso il ridurre gli spostamenti, l’allungare i tempi di permanenza in casa di uno o dell’altro genitore, fare attività diverse coi figli o, in caso di relazioni a distanza, continuare a vedere e a sentire i propri figli con le modalità tecnologiche moderne come le videochiamate. In ogni caso, bisogna adattarsi e inventarsi una nuova genitorialità per dare un senso di continuità ai figli anche col genitore non convivente.

Fondamentale diventa il non dover scegliere tra vicinanza e distacco dal figlio, ma trovare delle vie nuove e flessibili che diano un senso di coerenza col passato.

Per prima cosa, bisogna spiegare ai figli quello che sta accadendo. In base alla loro età si può scegliere la giusta modalità, ma è fondamentale spiegare cosa sta accadendo poiché l’incomprensibile per loro diventa minaccioso e sperimentano angoscia. Bisogna pertanto spiegare loro la situazione ricorrendo alle favole, alla creatività e al gioco che, con la sua capacità trasformativa, ridimensiona la realtà paurosa.

In secondo luogo, bisogna comunicare al proprio figlio presenza e rassicurazione. Le videochiamate regolari, ogni giorno alla stessa ora, grazie al contatto visivo, potranno far sentire vicino il genitore anche se fisicamente lontano. Scandire una routine prevedibile con ritmi giornalieri sempre identici è fonte di tranquillità per il minore.

Altro modo per dare un senso di continuità può essere quello di costruire un ponte tra passato e futuro. Si può ricordare attraverso fotografie degli eventi o situazioni passate, come ad esempio le feste di compleanno o qualche vacanza trascorsa con entrambi i genitori  e successivamente si può pensare al futuro, ad esempio facendo dei progetti su quale sarà la meta della prossima vacanza o come si vorrà la prossima festa di compleanno.

Queste indicazioni permettono di non percepire questo momento critico che stiamo vivendo come un’interruzione degli affetti. È importante ora più che mai, in questo periodo di privazione, essere più nutrienti possibili e spetta ai genitori farlo. Devono essere i genitori ad aiutare i figli a costruire delle aree di gioco in casa o ad aiutarli a trovare degli spazi di socializzazione online che permettano di sostenere le loro relazioni amicali seppure attraverso nuovi canali.

Si sottolinea l’importanza della collaborazione e della responsabilità. Non aspettiamo che sia un giudice a dover intervenire con le sue scelte, ma facciamo in modo che siamo noi a compiere delle scelte responsabili e di buon senso per il bene dei propri figli.

In questo particolare momento, dove di vitale importanza è procedere ad un bilanciamento, ragionato ed emotivamente intelligente, tra il diritto alla bigenitorialità da realizzarsi mediante la frequentazione con il supremo interesse del minore alla salute e al benessere psico-fisico, oltre all’interesse pubblico alla non diffusione del Covid-19, è ancor più importante che anche gli avvocati impegnati quotidianamente nella soluzione delle problematiche familiari implementino le proprie competenze a sostegno dei diritti ed interessi dei minori, agendo in tal senso presso i propri assistiti:

La pratica collaborativa, allora, si presenta oggi quale miglior strumento che, arricchito dall’uso del buon senso, della ragionevolezza e dell’empatia, consenta alle parti di negoziare le condizioni della famiglia in transizione ovvero rivedere le condizioni già formalizzate alla luce di intervenuti mutamenti dei e nei presupposti fondanti precedenti regolamentazioni.

Attraverso la pratica collaborativa e le procedure di mediazione e di negoziazione assistita, in alternativa alla tradizionale procedura giudiziaria che demanda ad un terzo estraneo alle parti (il Giudice) la risposta ai propri bisogni e interessi familiari, le parti potranno meglio gestire il conflitto e concentrarsi sulle effettive dinamiche da gestire, con il supporto di professionisti facilitatori.

La pratica collaborativa vede infatti realizzato ed applicato nel suo svolgimento un sistema di valori condivisi, quali la lealtà e la trasparenza: dove per lealtà si dovrà intendere una gestione del conflitto rispettosa e aperta alla considerazione dell’interesse altrui, unendo la ricerca e l’affermazione dei propri interessi e bisogni con l’attenzione agli interessi dell’altra parte; per trasparenza si fa riferimento al reciproco impegno a condividere con l’altra parte qualsiasi informazione rilevante, potenzialmente in grado di influire sulla decisione di quest’ultima.

In questo modo con una negoziazione collaborativa leale e trasparente, le parti (che potremmo definire “partner di negoziazione”) raggiungeranno accordi consapevoli, cioè capaci di soddisfare i reciproci interessi e nel contempo di risultare sostenibili e idonei a durare nel tempo.

Un siffatto risultato difficilmente verrebbe assicurato alle parti laddove la soluzione del conflitto venga demandata ad un Tribunale, in primis in termini di tempi e costi della procedura giudiziaria e ancor più con riguardo all’atteso soddisfacimento delle istanze delle parti, in quanto le condizioni ottenute, essendo frutto di un intervento imposto, potrebbero rivelarsi non sostenibili in egual modo dalle parti.

generosity-4993451_1920

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.